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SETTORE ORIENTALE DELL’ ACROPOLI

Questo settore dell’Acropoli è stato indagato dalla Stoop (1963-1969), poi dal 2008 dal GIA (Groningen Institute of Archeology) quindi dal 2017 dal DIR (Danish Institute of Archeology) coordinato dai ricercatori Jacobsen e Mittica che vi hanno individuato un grande deposito di oggetti votivi provenienti dai templi I, III e V e tracce dello svolgimento di pratiche votive che prevedevano il sacrificio di animali ed atti di libagione documentati fino al VI secolo a.C.

L’area sacra è stata identificata dalla Stoop con il nome di Stipe I. Essa però, piuttosto che nell’uso abituale di una buca dove i sacerdoti del santuario depositavano il materiale sacro dedicato alle divinità che non doveva essere più usato, pare sia stata invece utilizzata nel VII sec. a.C. come spazio lungo il lato sud-orientale dove accumulare ceramiche ed altri oggetti offerti presso gli edifici che venivano dismessi e rinnovati. Qui la Stoop ha rinvenuto ceramica protocorinzia tra cui vasetti (aryballoi, kotylai) oltre a pissidi, coppe (kylikes), brocchette (lekytoi), e brocche più grandi (oinochoai) oltrer a vasi per l’acqua (hydriskai), pissidi e coppette disposte lungo i muri del temenos.

Le indagini avviate a partire dal 2008 dal GIA hanno permesso di evidenziare un giacimento archeologico caratterizzato da una stratigrafia ben conservata riferibile al VI sec. a.C. tra cui un altare il cui rinvenimento è in connessione stratigrafica con un battuto d’uso, un deposito votivo a Nord ed uno scarico rituale a Sud. Le ricerche documentano la pratica di sacrifici animali e di rituali di libagioni in cui cospargere il vino, oltre che di conoscere la principale via di accesso ai templi e l’organizzazione degli spazi destinati alle pratiche cultuali.

Il progetto di ricerca promosso dalla DIR nel 2017 ha potenziato l’approccio multidisciplinare della ricerca ottenendo preziose informazioni dallo studio dei materiali faunistici a quello delle analisi scientifiche delle ceramiche, con l’obiettivo di delineare un quadro conoscitivo completo della vita del santuario. L’area indagata che oggi si estende fino a m 24×12, si trova al centro del settore orientale dell’acropoli in una posizione intermedia tra l’ingresso al terrazzo e la piazzetta antistante i templi I, III e V rivestendo quindi un ruolo primario nell’organizzazione scenica dei cerimoniali di culto. All’interno del saggio stratigrafico sono state individuate delle zone destinate all’espletamento del culto tramite delle offerte alla divinità, ma anche testimonianze materiali in grado di fare comprendere i vari momenti e le norme che regolavano i riti e le pratiche religiose celebrati sull’acropoli nel VI sec. a.C. Tra le evidenze emerse figura una massicciata di ciottoli limitata sui lati da grandi pietre di fiume il cui impianto sembra datarsi entro la metà del sec. VI a.C., mentre nel settore nord-occidentale un’altra struttura con pietre di medie e grandi dimensioni in cui non mancano elementi lapidei squadrati è stata collegata in via preliminare ad un possibile altare per la presentazione delle offerte alimentari che risulta in asse ed in fase con l’edificio III. Inoltre è stato individuato un piano di battuto d’uso dell’acropoli ben livellato e compattato composto da terra mista a frammenti ceramici, cenere e resti faunistici di piccole dimensioni che datano lo strato sempre alla prima metà del secolo VI a.C.  All’interno dell’area sacra sono stati rinvenuti diversi materiali ceramici funzionali agli usi del culto.  La particolare maniera in cui sono stati depositati malgrado l’intento di rendere inutilizzabili i manufatti sacri che erano stati impiegati nel corso dei rituali, permettono di avanzare una serie di considerazioni sul significato dell’area indagata e sulle attività umane cui fanno riferimento i materiali. Il panorama che se ne ricava risulta coerente per la comprensione dello svolgimento di una cerimonia che doveva prevedere almeno due momenti scanditi dall’utilizzo di diversi manufatti per l’impiego di diverse sostanze: la fruizione rituale del vino dimostrata dalla presenza di skyphoi, kylikes, crateri e la dispersione rituale in favore delle divinità sotto forma di sacrificio libatorio dimostrato appunto dalle numerose phialai bronzee rinvenute. Dall’area N-E del saggio si segnala un deposito votivo con ceramica miniaturistica ed ex voto in parte integri mentre a S-O è stato evidenziato un ampio scarico di materiali rituali frammentari. Il materiale rinvenuto è databile al sec. VI a.C. e consta di ceramica di produzione coloniale di forme medie e piccole (hydriskai, krateriskoi, kotyliskoi, kanthariskoi) individuali o montati a gruppi su anelli di ceramica (kernoi), cui si aggiungono ceramiche d’importazione greca di produzione corinzia, attica, laconica e greco-orientale, tra cui si segnalano alcuni vasetti di kotylai, aryballoi, skyphoi oltre a piatti, pissidi, louteria e perirrhanteria. Inoltre dall’intera area orientale si segnalano laminette fermatrecce, phialai mesomphalos, lame, fibule nonché vari altri oggetti votivi in bronzo cui si aggiungono splendidi frammenti di esemplari di ceramica, coroplastica, pinakes, oltre a monili in ambra, pasta vitrea, bronzo ed oro giallo. Degni di nota sono alcuni frammenti di ali fittili falcate attribuibili a statuette femminili di Artemide con capri attestate anche a Sibari che potrebbe sottintendere l’attribuzione di uno dei templi alla dea del mondo naturale custode dei riti del passaggio di status degli adolescenti.

Dal punto di vista dello studio delle ossa faunistiche rinvenute nell’area sacra orientale, le analisi hanno confermato che un sacrificio di tipo cruento alimentare la Thysia prevedeva lo sgozzamento degli animali, destinati in parte agli dei, in parte ai partecipanti al sacrificio, che ne consumavano le carni secondo leggi che ne regolavano la cerimonia. I resti di pasto qui rinvenute si riferiscono a porzioni di carni di seconda scelta bollite in grandi calderoni poi consumate dai pellegrini, diversamente da quelle più pregiate, che in quanto offerte agli dei, venivano arrostite e bruciate sull’altare. Tra i tipi di animali più utilizzati come offerta gli ovini ed i caprini, mentre più rari sono i resti di bovidi e suini.

Santuario di Timpone della Motta SAS MS3, immagine da drone (da Mittica-Jacobsen-Perrone 2017 p.23 fig. 2 )
Strumenti rituali, doni votivi, elementi architettonici di arredo sacro (da Mittica-Jacobsen-Perrone 2017 p.23 fig. 3 )
Santuario di Timpone della Motta SAS MS3: Ceramica corinzia, VI sec. a.C. (da Mittica-Jacobsen-Perrone 2017 p.24 fig.5 )
Kernoi di hydriskai e kantariskoi, VI sec. a.C. (da Mittica-Jacobsen-Perrone 2017 p. 24 fig. 4 )
Reperti in bronzo, VI sec. a.C. (da Mittica-Jacobsen-Perrone 2017 p. 25 fig.7 )
Consolidamento e flottazione dei campioni faunistici (da Mittica-Jacobsen-Perrone 2017 p. 26 fig. 9 )
Équipe italo-danese Missione DIR 2017 (da Mittica-Jacobsen-Perrone 2017 p. 22 fig. 1 )