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Panatenee  e riti sacri di lagaria

Gli archeologi hanno evidenziato come offerte dedicate ad una dea si svolgessero nella cosiddetta “Casa delle Tessitrici” già nel sec. VIII a.C. a cura delle genti enotrie che abitavano il sito prima dell’arrivo dei Greci. Tali riti sono stati ipotizzati a seguito della presenza sul lato ovest in posizione panoramica di un altare votivo con resti combusti di offerte di cibo, oltre a fornelli da cucina in argilla che dovevano servire per la preparazione della carne, di bevande rituali e per lavare e colorare il cuoio ed i filati di lana e lino. Sempre da questa grande capanna ovale si segnalano un telaio con i relativi pesi, diversi gioielli in bronzo quali fibule (a scudo, ad arco serpeggiante, a quattro spirali,) pendagli del tipo a coppia ed a ruota, frammenti di dischi compositi, orecchini e ferma trecce.

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Ricostruzione “Casa delle Tessitrici” da Kleibrink 2010 p. 72 fig. 86b.

Nella fase greca precoloniale (725 – 675 a.C.) caratterizzata da una commistione di stili architettonici italici e greci nella realizzazione dei templi,  da alcune scene decorative di una pisside e di un cratere di stile euboico-cipriota attribuite al Pittore di Francavilla è possibile ricavare la coreografia di una cerimonia religiosa caratterizzata da due scene con file di giovani e ragazze che con delle danze offrono un boccale d’impasto di tipo italico-enotrio con una bevanda a una dea seduta in trono, mentre un frammento del coperchio rinvenuto nella stratigrafia del tempio Vc conserva la figura di una ragazza vestita con un abito aderente con motivi a rete che danza con un guerriero munito di spada. Lo schema iconografico delle scene rappresentate può riassumersi, secondo le studiose Granese e Tomay, in occasioni festive con danze giovanili, in cui uomini e donne ballano separatamente in fila per poi finire in libagioni davanti a una dea seduta in trono (statua di legno o sacerdotessa che personificano la dea?), mentre prima o dopo le coppie miste avevano eseguito delle danze leggermente acrobatiche con hydriskai intorno a una dea stante (statua di legno della dea ‘delle braccia alzate’?). Per cui si può forse immaginare una danza eseguita al centro dei templi in cima al Timpone della Motta e in presenza di una personificazione o forse anche una statua della dea, per cui gli uomini potrebbero essere venuti da nord in una fila guidata da un suonatore di lira, mentre le ragazze potrebbero essere entrate da sud, dall’area del tempio V (ex ‘Casa delle Tessitrici’ – Edificio V.b e luogo antico di attività femminili). Ogni ragazza può essere

entrata portando una brocca piena d’acqua o potrebbe averne presa una durante la sua danza. Pero è anche probabile che abbia ricevuto un’idria dal suo compagno nel corso della danza della coppia. Quindi, secondo questa ipotetica ricostruzione, i giovani, seguendo le orme di Epeo, prenderebbero l’acqua da una fonte sacra e la consegnerebbero alla loro compagna nel corso della loro danza insieme. Poi le donne, o forse le coppie, avrebbero eseguito le libagioni alla dea.

Il vaso è stato rinvenuto durante scavi clandestini e poi venduto e disperso sul mercato antiquario. Una riproduzione ipotetica ad uso didattico del vaso è stata realizzata nell’ambito del progetto Cultura Crea Invitalia da Itineraria Bruttii onlus (fig. 4-5).

Il coperchio e la pisside erano con tutta probabilità parte di un insieme di oggetti – un assemblaggio – che con resti di pasto (ossa di animali) furono dedicati nel terreno sud-est dell’edificio V.c. dopo essere stati utilizzati in un pasto cerimoniale. In mancanza di possibilità di verifica – perché l’ubicazione attuale della pisside è sconosciuta – possiamo solo ipotizzare la pertinenza del coperchio alla pisside di cui si allega una ricostruzione eseguita da Itineraria Bruttii nell’ambito del progetto Cultura Crea di Invitalia.

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Fig. 1 – cratere di stile euboico-cipriota (da Granese-Tomai 2008)
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Fig. 2 a-b – pisside di stile euboico-cipriota (da Granese-Tomai 2008)
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Fig. 3 – pisside: decorazione lato a (da Granese-Tomai 2008)
Fig. 4 – coperchio pisside da tempio Vc (da Kleibrink 2010 p. 98, fig. 129.
Pisside con coperchio ricostruita da Itineraria Bruttii onlus
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Cratere con coperchio ricostruita da Itineraria Bruttii onlus

In età greca arcaica non è certo se anche a Lagaria / Francavilla M.ma si svolgessero le Panatenee, tuttavia delle cerimonie religiose legate alla presenza di un Athenaion (Santuario di Athena) sicuramente si rappresentavano con grande partecipazione di pellegrini dalla Sibaritide ed offerte di vasi ed assemblaggi di doni di grande valore artistico ed economico.

La particolare maniera in cui sono stati depositati i manufatti sacri che erano stati impiegati nel corso dei rituali, permettono di avanzare una serie di considerazioni sulle attività umane cui fanno riferimento i materiali. Il panorama che se ne ricava risulta coerente per la comprensione dello svolgimento di una cerimonia che doveva prevedere almeno due momenti scanditi dall’utilizzo di diversi manufatti per l’impiego di diverse sostanze: la fruizione rituale del vino dimostrata dalla presenza di skyphoi, kylikes, crateri e la dispersione rituale in favore delle divinità sotto forma di sacrificio libatorio dimostrato appunto dalle numerose phialai (coppette per libagioni) bronzee rinvenute. Il materiale rinvenuto consta di ceramica di produzione coloniale di forme medie e piccole (hydriskai, krateriskoi, kotyliskoi, kanthariskoi) individuali o montati a gruppi su anelli di ceramica (kernoi), cui si aggiungono ceramiche d’importazione greca di produzione corinzia, attica, laconica e greco-orientale, tra cui si segnalano alcuni vasetti di kotylai, aryballoi, skyphoi oltre a piatti, pissidi, louteria e perirrhanteria. Inoltre dall’intera area orientale si segnalano laminette fermatrecce, phialai mesomphalos, lame, fibule nonché vari altri oggetti votivi in bronzo cui si aggiungono splendidi frammenti di esemplari di ceramica, coroplastica, pinakes, oltre a monili in ambra, pasta vitrea, bronzo ed oro giallo. Degni di nota sono alcuni frammenti di ali fittili falcate attribuibili a statuette femminili di Artemide con capri attestate anche a Sibari che potrebbe sottintendere l’attribuzione di uno dei templi alla dea del mondo naturale custode dei riti del passaggio di status degli adolescenti.

Dal punto di vista dello studio delle ossa faunistiche rinvenute nell’area sacra orientale, le analisi hanno confermato che un sacrificio di tipo cruento alimentare la Thysia prevedeva lo sgozzamento degli animali, destinati in parte agli dei, in parte ai partecipanti al sacrificio, che ne consumavano le carni secondo leggi che ne regolavano la cerimonia. I resti di pasto qui rinvenute si riferiscono a porzioni di carni di seconda scelta bollite in grandi calderoni poi consumate dai pellegrini, diversamente da quelle più pregiate, che in quanto offerte agli dei, venivano arrostite e bruciate sull’altare. Tra i tipi di animali più utilizzati come offerta gli ovini ed i caprini, mentre più rari sono i resti di bovidi e suini.

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Strumenti rituali, doni votivi, elementi architettonici di arredo sacro (da Mittica-Jacobsen-Perrone 2017 p.23 fig. 3 )
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Santuario di Timpone della Motta SAS MS3: Ceramica corinzia, VI sec. a.C. (da Mittica-Jacobsen-Perrone 2017 p.24 fig.5 )

Panatenee

Le Panatenee erano le feste dell’unione attica nel culto di “Atena Poliade”. Il nome significava, infatti, non solo “festa in onore di Panatena”, ma anche “festa celebrata da tutti gli ateniesi”.  Si tenevano il giorno della nascita della dea, il 28 del mese di Ecatombeone, corrispondente alla fine del mese di luglio e vi partecipavano tutti i cittadini liberi, comprese le donne.

La tradizione parla di un eroe mitico, Erechtheus, che    avrebbe dedicato una statua lignea di Atena alla città di cui la dea era patrona, a ricordo della vittoria di questa sul gigante Asterio. In questa occasione avrebbe dato origine alla festa. Altri parlano di Teseo come del fondatore delle Panatenee, quando egli riunì le città attiche, per cui la    festa avrebbe significato un punto di unione tangibile tra di esse.

Queste feste sarebbero state ripristinate nel 566 a.C. dall’Arconte Ippocleide, a seguito dello sviluppo in Grecia dei culti agonistici. Si distinguevano le “Piccole Panatenee”, annuali, dalle “Grandi Panatenee”, quadriennali, nel terzo anno di ogni Olimpiade, sempre a luglio.

Le solennità, i giochi, i divertimenti delle Panatenee consistevano in ricchi sacrifici di tori, corse a piedi, a cavallo, con il carro, gare di ginnastica e concorsi musicali, e la “Lampadephoria”; rapsodisti recitavano i poemi di Omero e altri poeti epici con filosofi disputavano fra loro; si tenevano scontri di galli, e il popolo si lasciava andare in vari divertimenti.  Il premio in questi concorsi era un vaso (Amphoreis Panathenaikoi) con l’olio dell’antico e sacro olivo di Athena sull’Acropoli.

La Processione Panatenaica portava il dono di un peplo tessuto dalle ateniesi nobili (Ergastìne) e ricamato con episodi della Gigantomachia. Si radunava all’alba nei pressi della porta del Dipylon, attraversava l’agorà e giungeva all’Acropolioli, dove potevano entrare solo i cittadini ateniesi. Squilli di tromba annunciavano l’inizio della cerimonia. La processione passava quindi davanti al Partenone e si fermava al grande altare di Atena.

Il rito comprendeva sacrifici, tra cui un’Ecatombe, cerimonia sacra caratterizzata dall’uccisione di animali offerti in sacrificio alla divinità.

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Athena Promachos sull’acropoli di Atene – ricostruzione da G.P. Stevens
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